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Schmidt: L'arte è un bisogno sociale

Redazione Uffizi
Pubblicato il 22-01-2021

L'intervista al direttore degli Uffizi dopo la riapertura dei Musei

È allegro e anche un po' sfinito il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt. «Sono felice di poter restituire questo patrimonio agli italiani, ma allo stesso tempo penso che la pandemia al momento non dà segni di resa: però è un rischio che valeva la pena correre».

Gli Uffizi nel lockdown non sono mai rimasti immobili, hanno scoperto una vita parallela, quella dei social: sono sbarcati su Tik-Tok, hanno avuto testimonial come Chiara Ferragni.

«Vero. Ma una visita da remoto non sarà mai uguale a una passeggiata sotto questi soffitti, all' emozione unica di ritrovarsi a tu per tu con i capolavori. Il diritto alla cultura, dal vivo, è sancito dalla Costituzione».

In mattinata non sono entrate tantissime persone. Se lo aspettava?

«È un giorno feriale e non c' è il pubblico che arriva da fuori. Era chiaro che non sarebbero arrivate le masse. Si tratta di riaccendere una luce, e tornare a servire cibo per la mente. L' arte è un bisogno sociale: era importante riaprire, e abbiamo riaperto in sicurezza».

Il numero massimo di visitori in ciontemporanea resterà fissato a 450?

«Per ora sì. Deve però considerare che al momento il primo piano, dove si trovano le otto stanze dedicate a Caravaggio e al Seicento, sono chiuse per lavori».

Una visita sicura?

«Abbiamo preso ogni precauzione possibile. Inoltre i gruppi al massimo arrivano a dieci persone».

Non pensa che l' apertura a singhiozzo possa essere più dannosa della chiusura?

«No. Siamo come la Bbc che in tempo di guerra trasmetteva dalla National Gallery: una cura per tutti, dalle truppe al popolo».

Che ne sarà del bilancio, fra il drastico calo dei visitatori e gli investimenti legati alle visite in sicurezza?

«Sino a marzo non riusciremo certo a coprire le spese con lo sbigliettamento. Ma in primavera, se la curva della pandemia scenderà, come si spera, dovremmo riuscire a raggiungere come l' anno scorso un equilibrio sostenibile».

Quindi presto Firenze tornerà a essere zeppa di turisti.

«Mi auguro di no, per il bene della stessa Firenze. La pressione del turismo di massa fa male ai capoluoghi d' arte. Dobbiamo diffondere sul territorio le tante opere conservate nei musei e studiare nuove strategie». (La Stampa)

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